Meritiamo l’inverno perenne talvolta, la lentezza di un sonno pesante e continuo, la mancanza di sogni e il guardarci dormire. Certe volte non fanno rumore i disturbi delle macchine in strada, ma i viaggi di un cuore. Ogni lettera scritta di fretta sul foglio che aspetta è soltanto un privato discorso sul nulla, una frase abbozzata ammalata di folla. Meritiamo di certo il silenzio talvolta, come quando parliamo e scordiamo chi ascolta…
E poi fate l’amore. Niente sesso, solo amore. E con questo intendo i baci lenti sulla bocca, sul collo, sulla pancia, sulla schiena, i morsi sulle labbra, le mani intrecciate, e occhi dentro occhi. Intendo abbracci talmente stretti da diventare una cosa sola, corpi incastrati e anime in collisione, carezze sui graffi, vestiti tolti insieme alle paure, baci sulle debolezze, sui segni di una vita che fino a quel momento era stata un po’ sbiadita. Intendo dita sui corpi, creare costellazioni, inalare profumi, cuori che battono insieme, respiri che viaggiano allo stesso ritmo. E poi sorrisi, sinceri dopo un po’ che non lo erano più. Ecco, fate l’amore e non vergognatevi, perché l’amore è arte, e voi i capolavori.
Pian piano ti lascerò entrare nella mia anima, ti renderò partecipe dei suoi più reconditi segreti, capirai il perché di una mia lacrima, di un mio sorriso. Ti si spalancherà la porta della mia malinconia, vivrai con me la bellezza di un tramonto e di una notte stellata e non sarà necessario aspettare una stella cadente per esaudire il mio desiderio perché sarai già dentro di me, parte di me. Per sempre.
L’infinito mi hai fatto toccare diventando nuvola e sole e cielo e cascata d’acqua limpida. La giornata affrontavo sorridendo e dai miei occhi mai scendeva una lacrima. Ora… sono quella piantina che con la forza della vita cresce vittoriosa in mezzo al cemento, mostrando a tutti la sua tenacia
Perché mi devo alzare anche oggi? Per vivere una vita-non vita? Per rivedere i muri di casa, il solito ambiente da pulire, per poi sporcarlo e ripulire? Leggere per un po’ sul divano ma con la mente che tende ad andarsene via pensando al consueto bollettino di guerra. E poi al pomeriggio uscire per una boccata d’aria, un quarto d’ora solo prima di ritornare alle mura domestiche. Eppure in tutto questo c’è l’affetto dei tuoi cari e l’obbligo di ricambiarlo perché altrimenti ti sentiresti un’ingrata. C’è il dovere di vivere mentre tanti troppi sono morti anche per te mentre tu sei viva. Siamo tutti nella stessa barca ed il giorno finirà come è cominciato ossia con la convinzione che non dobbiamo affondare ma seguire la rotta, anche se con un enorme sforzo. Ma lassù c’è chi ci aiuta e non affonderemo. Ne usciremo più buoni e rinnovati dentro di noi, con un cuore , amando le cose semplici senza volere la luna.
L’ho toccata con mano l’umanità, chiacchierando con le persone che come me facevano la fila davanti alla gastronomia. Persone mai viste ma legate dalla stessa situazione. E lasciavo che il vento mi spettinasse, lo stesso vento al quale prima con i capelli ingessati non era permesso nemmeno soffiare. E mentre il sole mi baciava la mascherina, ho ringraziato dentro di me il Signore per il dono della VITA che tanti, troppi non avevano più.
Ti avevo ritrovato. Così come sempre eri apparso portato da un refolo di vento. Ma solo un attimo ti sei fermato, non si ferma il vento. E tu lo hai seguito di nuovo lasciandoti alle spalle tenue profumo d’amore.
E poi… Ci sono quelle sere che vai a letto ma Morfeo non vuole venire. E stai con gli occhi aperti a guardare il soffitto. E gira gira il pensiero fisso come un arcolaio che gira e gira gira il pensiero e gira l’arcolaio. La matassa si assottiglia il gomitolo via via si ingrossa. Il pensiero…la matassa…il gomitolo. Ad un certo punto… ecco si fermano tutti…la matassa è finita tutta avvolta nel gomitolone. È arrivato Morfeo. Si abbassano le palpebre. Inizia il sonno.
Ti ricorderò per il tuo nome un po’ strano: coronavirus, un virus addirittura regale. Ricorderò strade deserte ed un silenzio di morte e malattia. Immagini terribili e telegiornali in edizione straordinaria. Ricorderò passeggiate brevi e solitarie ma ricche di un silenzio tutto mio, introspettivo, che sapeva di un bilancio della mia vita, di un forte attaccamento ai miei cari che temevo di perdere. Ricorderò i momenti di clausura in cui mi piaceva pensare e meditare scoprendo aspetti insoliti di me, uscendone arricchita interiormente, pronta, una volta finito tutto, a ricominciare, amareggiata ma anche più consapevole del valore della vita che temevo di perdere per sempre.
Lasciatemi riflettere, meditare su questo mondo malato su questo mondo scoppiato perché così non si poteva continuare. E mi sento dire: approfittane, fai le pulizie di primavera no? Ne ha bisogno la casa. Ma io le pulizie le sto facendo In poesia, certo. Spazzo via la mancanza di dialogo, di rapporti umani, di cattiveria e sete di potere del mondo, dove il motto era avere e non essere egoismo e non altruismo, presunzione e orgoglio. Ecco le mie pulizie di primavera. Una volta terminate avrò una casa del tutto nuova, a misura d’uomo. Sono rimaste delle ragnatele? Che importa! Le userò come filo per ricamare altre poesie. Di tempo ne ho.